La lettera di Giuseppe Mazzini a Papa Pio IX

 A Pio IX pontefice massimo.




Beatissimo Padre, 

Concedete a un italiano, che studia da alcuni mesi ogni Vostro passo con un'immensa speranza, di indirizzarvi, in mezzo agli applausi, spesso purtroppo servili e indegni di Voi, che Vi suonano intorno, una parola libera, e profondamente sincera. Togliete per leggerla alcuni momenti alle curie infinite; da un semplice individuo animato di Santa intenzioni può uscire talvolta un grande consiglio; ed io Vi scrivo con tanto amore, con tanto commovimento di tutta l'anima mia, con tanta fede nei destini del paese, che può per opera Vostra risorgere, che i miei pensieri dovrebbero essere la verità.

E prima, è necessario, Beatissimo Padre, che io Vi dica qualche cosa sul  conto mio. Il mio nome V'è probabilmente giunto all'orecchio; ma accompagnato di tutte le calunnie, di tutti gli errori, di tutte le stolide congetture che le polizie, per sistema, e molti uomini del mio partito, per poca conoscenza e povertà d'intelletto, v'anno accumulato d'intorno. Io non sono sovvertitore, né comunista, né uomo di sangue, né odiatore, né intollerante, né adoratore esclusivo di un sistema, a di una forma immaginata nella mente mia. Adoro Dio e un'idea che mi par di Dio: l'Italia una, angelo d'Unità morale e di civiltà progressiva alle nazioni d'Europa.

Qui e dappertutto ho scritto come meglio saputo contro i vizi di materialismo, d'egoismo, di reazione, e contro le tendenze distruttrici che contaminano molti del nostro partito. Se i popoli sorgessero in un urto violento contro l'egoismo e il malgoverno dei loro dominatori, io, pur rendendo omaggio al diritto dei popoli, morrò probabilmente fra i primi, per impedire gli accessi e le vendette che la lunga servitù ha maturato. (...)

Unificate l'Italia, la patria Vostra. E per questo non avete bisogno di operare, ma di benedire chi opererà per Voi. Raccogliete intorno a voi quelli che rappresentano meglio il partito Nazionale. Non mendicate alleanze di principi. Seguite a conquistare l'alleanza del nostro popolo. Diteci: L'unità d'Italia deve essere un fatto del XIX secolo, e basterà: opereremo per Voi. Lasciateci libera la penna, libera la circolazione delle idee per quanto riguarda questo punto vitale per noi, dell'unità Nazionale; trattate il Governo Austriaco, anche dove non minaccia più il Vostro territorio, col contegno di chi lo sa governo di usurpazione in Italia ed altrove; combattendo con la parola del Giusto dovunque ei macchina oppressione e violazioni del diritto altrui fuori d' Italia.(...)

Beatissimo Padre, V'indirizzo queste parole perché io dubiti menomamente dei nostri destini perché io mi creda mezzo unico, indispensabile all'impresa. L'unità italiana è cosa di Dio. Parte di disegno provvidenziale e voto di tutti, anche di quelli che Vi si mostrano più soddisfatti dei miglioramenti locali, e che meno sinceri di me, disegnano farne mezzo di raggiungere l'intento, si compierà con Voi o senza di Voi. Ma Ve le indirizzo perché Vi credo degno di essere iniziatore del vasto concetto; perché il Vostro porVi a capo dell'impresa abbrevierebbe di molto le vie e diminuirebbe pericoli, i danni, il sangue che si verserà nella lotta; perché con voi questa lotta assumerebbe aspetto religioso, e ci libererebbe da molti rischi di reazioni e colper civili; perché s'otterrebbe a un tempo, sotto la Vostra bandiera, un risultato politico e un risultato immenso morale; perché il Rinascimento d'Italia sotto l'egida di un'idea religiosa, di uno stendardo non di diritti, ma di doveri, lascerebbe addietro tutte le rivoluzioni dei paesi stranieri, imporrebbe immediatamente l'Italia a capo del progresso europeo; perché sta nelle mani Vostre poter fare che questi due termini: Dio e il popolo, troppo spesso e fatalmente disgiunti sorgano a un tratto in bella e santa armonia, dirigere le sorti delle Nazioni. 

S'io potessi esservi vicino, invocherei da Dio potenza per convincerVi con il mio gesto con il gesto, con l'accento, col pianto: così non posso che affidar freddamente alla carta il cadavere, per così dire, del mio pensiero; né mi riuscirà pure d'aver la certezza che avete letto e meditato un momento quello che io scrivo. Ma io sento un bisogno imperioso di adempire a questo dovere verso l'Italia e Voi: qualunque sia per essere il pensiero Vostro mi parrà di trovarmi più in pace con la mia coscienza. Credete, Beatissimo Padre, ai sensi di venerazione dalla speranza che Vi professa il Vostro devotissimo: 


GIUSEPPE MAZZINI                                                             Londra 8 settembre1847



In questa lettera Giuseppe Mazzini, nato a Genova nel 1805 e morto a Pisa nel 1872, mostra di essere un cittadino che credeva o almeno sperava nella possibilità che Papa Pio IX si facesse interprete dei suoi sentimenti e potesse operare per il bene dell'Italia.
Si tratta di una lettera aperta che fu pubblicata in opuscolo rivolto ad un capo di Stato. E' un episodio nella vita mazziniana che non rappresenta totalmente il reale pensiero del politico, infatti Mazzini è stato uno dei protagonisti del Risorgimento italiano ricevette un'educazione rigorosa e crescendo cominciò a nutrire una viva passione patriottica militare sul problema dell'unificazione d'Italia. Per aver fatto parte della carboneria, un'associazione segreta che mirava a provocare moti rivoluzionari, fu arrestato e poi esiliato a Marsiglia nel 1831.
Fondò la Giovine Italia e nel nome stesso di questa associazione è visibile il programma che animava Mazzini.
Organizzò parecchi moti rivoluzionari che fallirono tutti; costretto ancora a fuggire fu sempre pronto a lottare con gli scritti, fondando nuove associazioni per realizzare il suo ideale.

Giovanni Maria Mastai Ferretti, il destinatario della lettera qui riportato, era stato eletto Papa nel nome di Pio IX il 16 giugno 1846, aveva iniziato il pontificato con una politica riformatrice concedendo l'armistizio a un migliaio di prigionieri politici e operando delle riforme che indussero gli italiani a sperare in lui come nell'uomo che avrebbe potuto unire l'Italia in una confederazione di Stati, con il Papa a capo. In realtà Mazzini non credeva possibile uno Stato confederale, sotto il Papa ma le contingenze storiche lo indussero occasionalmente a sperare nel papato; proprio in questa situazione politica scrisse la lettera che abbiamo riportato. 

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